Branding, retail e industria devono andare a braccetto

Il comparto del seafood sta vivendo un buon momento. È in corso un processo di sviluppo del settore della trasformazione e lavorazione di prodotti ittici. Finalmente le commodities stanno diventano specialities: si tende sempre meno a vendere il prodotto tal quale e indistinto così com’é, favorendo invece i processi di trasformazione che creano valore aggiunto. Vengono ideati nomi per prodotti indistinti che portano alla creazione di brand e packaging molto innovativi. Si studiano nuove tecniche di conservazione che consentono di aumentare la shelf life dei prodotti pronti da cuocere.

È un percorso virtuoso che sta coinvolgendo soprattutto il settore industriale della trasformazione di prodotti ittici dove con gli incentivi messi a disposizione dai fondi Feamp, Fondi europei strutturali dedicati alla pesca e all’acquacoltura, sono premiate azioni di branding tese a valorizzare i prodotti ittici trasformati. Le attività di ricerca e progettazione di nuove referenze trovano collaborazione nel settore processing, ovvero di quelle aziende che producono macchinari e impianti specializzati, in grado di automatizzare le fasi di lavorazione e confezionamento dei prodotti. Le imprese che storicamente sono dedite alla lavorazione e trasformazione di prodotti ittici possono così meglio rispondere anche delle esigenze del retail che in questo momento sta cercando partner industriali dotati della giusta esperienza e know how, per progettare nuove referenze.

Anche per la gdo è conveniente collaborare con le imprese agroindustriali per realizzare prodotti con marchi propri e studiare nuove referenze, avvalendosi di aziende specializzate nella trasformazione di prodotti ittici , ubicate soprattutto in Veneto e in particolare nell’area di distretto industriale del Polesine, dove nascono continuamente nuove imprese che lavorano pesce. Si tratta di un processo di collaborazione facilitato dal fatto che spesso il coefficiente d’utilizzo degli impianti è basso a fronte di una grossa capacità produttiva delle linee. I macchinari impiegati nei processi di trasformazione sono in grado di sfornare grandi quantità di prodotto, ma raramente sono impiegati a ciclo continuo. Risulta conveniente per le imprese massimizzare l’utilizzo degli impianti e collaborare con il retail per sfruttare pienamente le linee produttive, per assorbire costi fissi indiretti e aumentare così la redditività generale dell’impresa. In ogni caso è sempre meglio che i macchinari siano sfruttati al massimo della loro capacità produttiva, perché nonostante che talune produzioni siano meno performanti, se si tratta di pesce fresco nazionale e molluschi, possono comunque trovare oggi una nuova linfa e crescere come valore percepito da parte dei consumatori. Oltre all’industria, anche i piccoli laboratori artigianali possono diventare partner sul territorio, in particolare nelle località costiere, dove vi è più facilità e rapidità di approvvigionamento di pesce fresco. Dalle commodity come il pesce azzurro alle speciality come ad esempio le alici marinate della costa romagnola o le sarde in saor di Chioggia.

Per questi motivi oggi più che mai l’industria e il retail devono andare “a braccetto” approfittando della favorevole congiuntura di mercato che vede un aumento costante dei consumi di prodotti ittici. In considerazione della dipendenza dalle importazioni, che coprono quasi i tre quarti dei consumi nazionali, occorre prendere atto in modo positivo che l’italian made, che contraddistingue le nostre lavorazioni tipiche come le conserve o le insalate di mare, sta avendo crescente successo. Infatti, le azioni di branding possono riguardare anche referenze frutto di processi di trasformazione di prodotti ittici importati, come ad esempio polipi dell’Atlantico o tonno del Pacifico, consentendo così che le specialità ittiche italiane conquistino anche mercati esteri. I nostri prodotti piacciono molto all’estero (si veda il caso dei cinesi particolarmente ghiotti delle nostre conserve ittiche sott’olio) ed effettivamente si possono aprire molte opportunità anche all’interno delle insegne estere. Non a caso durante i giorni di Expo a Milano, nel 2015 si era potuto costatare nei confronti dei nostri prodotti ittici lavorati molto interesse da parte dei buyer delle grandi insegne europee, ma allora, a differenza delle situazione attuale, la capacità produttiva non era in grado di soddisfare le richieste obbligando le aziende, loro malgrado, a dover rinunciare a proposte molto allettanti.

Ricerca e innovazione sono necessari anche per il seafood. Gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti sono infatti in costante crescita. La tecnologia degli alimenti si fa sempre più approfondita, venendo incontro alle esigenze di praticità e facilità di consumo che oggi un prodotto deve necessariamente avere. Non si può fare a meno di lavorare sulla convenience: il livello di servizio di una nuova referenza deve necessariamente crescere. Il valore percepito dal consumatore riesce a motivare la decisione d’acquisto sempre di più influenzata dal tempo e dalla praticità di consumo. È altrettanto chiaro che per realizzare nuove referenze occorrono molta esperienza e un alto grado tecnologico per offrire prodotti sicuri, di qualità e gusto costante. È molto difficile riuscire a mantenere standard durevoli nel tempo in prodotti dalla deperibilità così alta come il pesce e i molluschi. La catena del freddo deve essere garantita e controllata costantemente, basta infatti un non nulla per sprecare intere partite di materia prima.

La collaborazione con le Università e i centri di ricerca delle aziende specializzate nel processing sono fondamentali per progettare nuovi prodotti. Le azioni sono concentrate soprattutto nel migliorare la shelf life e la sicurezza alimentare, indispensabili quando si tratta di prodotti altamente deperibili. In particolare la catena del freddo dal momento della cattura del pesce o di raccolta dei frutti di mare, deve essere assicurata. Oramai quello che s’intende come pesce fresco sta diventando sempre a rischio perché il tempo che intercorre fra la cattura e la commercializzazione spesso mette a rischio la sicurezza alimentare poiché, se non ben conservato il prodotto perde le sue qualità organolettiche e diventa perfino rischioso per il consumo. Per tale motivo il mondo scientifico e l’industria si stanno muovendo per individuare nuove formule di conservazione e commercializzazione dei prodotti ittici.

Pesce ibernato: il super frozen è una garanzia assoluta per il consumatore. È una delle nuove tendenze in atto nella produzione ittica e resa possibile dall’evoluzione tecnologica fino a cinque anni impensabile. Il pesce appena pescato deve essere subito abbattuto a bassissime temperature (addirittura a meno novanta gradi), riuscendo così a conservare intatte le sue qualità organolettiche e soprattutto il gusto. Le sperimentazioni hanno interessato in un primo momento maggiormente il tonno, con risultati clamorosi: il prodotto decongelato appariva quasi “più fresco del fresco” conservando intatto gusto e qualità delle carni. Sarà la prossima rivoluzione dei consumi ed è necessario che le aziende del settore e la distribuzione moderna ne tengano conto. Le attività di branding e comunicazione che contraddistingueranno queste nuove linee di produzione dovranno essere in grado di far percepire al consumatore moderno che il gusto e la sicurezza alimentare di questi nuovi prodotti non farà rimpiangere il pesce fresco. Anche in questo caso l’industria e il retail dovranno essere sincronizzati soprattutto per quanto concerne il layout del reparto pescheria che non potrà fare a meno in futuro d’includere anche il cosìddetto super frozen, differenziandola dall’area dedicata ai prodotti surgelati.

Il seafood italiano sta assumendo una sua identità e una valenza importante per l’economia italiana. È un comparto economico che vale quattordici miliardi di euro, un decimo del Pil agroalimentare italiano e l’industria può diventare la locomotiva per far rilanciare il settore primario. La pesca e l’acquacoltura italiana, con il sostegno dell’Unione Europea, hanno l’occasione per ammodernarsi e di accorciare le filiere valorizzando il pescato. L’integrazione fra tutti gli attori della filiera potrà dare nuovo slancio allo sviluppo delle marinerie situate su ottomila chilometri di costa del Bel Paese.

È più conveniente cercare un terreno comune andando a braccetto fra industria e distribuzione, piuttosto che lasciare inutilizzato un potenziale utile per tutto il Paese. Il momento è propizio, ma occorre darsi da fare.

La Venexiana Vongole bio

Nel 2018 ha festeggiato l’ottenimento della certificazione di pesca sostenibile Marine Stewardship Council (Msc). Prima fishery d’Italia e del Mar Mediterraneo a segnare quest’importante traguardo. E tuttora unica a esserci riuscita. Quest’anno, poi, l’OP Bivalvia Veneto ha tagliato un nuovo traguardo: l’avvio del nuovo centro di trasformazione di Caorle, dedicato alla surgelazione, completamente automatizzato e con una capacità di 800 kg/ora. A cui si collega il lancio del nuovo brand Le Vongole Biologiche di Caorle – La Venexiana, primo caso di marchio che connota le vongole di mare biologiche made in Italy. Le vongole biologiche di Caorle, autoctone e naturali, monitorate e controllate costantemente, vengono pescate dai soci dell’OP e subito conferite nel centro di lavorazione. Qui, entro due ore, vengono lavate, desabbiate ma lasciate complete di guscio, e sottoposte a una leggera termizzazione. Dopo essere state abbattute sono poi surgelate una a una con il processo Iqf, per essere infine confezionate in vaschette skin. E sono pronte da mettere in pentola.

“Con il nuovo centro di trasformazione, finanziato dalle 80 imprese di pesca e dei 250 pescatori associati, e dalla Regione Veneto con i fondi del FEAMP 2014/2020, ora siamo in grado di soddisfare, direttamente e a filiera corta, anche la richiesta di altri prodotti provenienti dalle eccellenze della pesca locale (di solito di reperibilità stagionale) preparati in versione surgelato, e fruibili così con continuità durante tutto l’anno” spiega il direttore

Mauro Vio. Una proposta che, accompagnata dal nuovo brand, apre un nuovo mercato per l’organizzazione veneta la quale, in poco più di vent’anni, ha saputo trasformare l’attività di pesca in un evoluto sistema di raccolta gestita coinvolgendo tutti i pescatori delle diverse marinerie venete. Oggi l’Op Bivalvia Veneto con i suoi 4 milioni di kg/annui, garantisce circa

il 22% della produzione nazionale di vongole di mare, con un fatturato di 10 milioni di euro.