Il pesce, come lo mangeremo nel 2030

Gli italiani, rispetto alla media europea (23 kg/anno), consumano più pesce: circa 25 kg l’anno. Abbiamo intuito che il pesce è un alimento nutriente che si adatta bene, se opportunamente preparato, a grandi e piccini. Si cuoce in pochi minuti, si può consumare crudo oppure friggerlo – il metodo di cottura che meglio preserva i grassi omega 3 dall’ossidazione ed anche il più ghiotto.

Il pesce, in generale, è ricco di grassi buoni, i famosi omega 3, in grado di contenere la colesterolemia e ridurre il rischio cardiovascolare. Tuttavia questi grassi nel pesce sono “ingredienti” sensibili ai processi di conservazione e cottura. Come tutti I grassi animali o vegetali vanno incontro a irrancidimento ossidativo e chetonico (quest’ultimo è legato all’azione della carica microbica). Guardiamo sempre con sospetto ai conservanti, tuttavia se naturali e innocui per la salute dei consumatori, possono garantire la salubrità e le caratteristiche nutrizionali. Per assicurarci che quello che mangiamo contenga ancora “vivi” omega 3, vitamine e polifenoli è fondamentale conoscerne la corretta lavorazione, conservazione e cottura.

Conoscere questi aspetti è di fondamentale importanza per garantire al consumatore finale l’assunzione di quei componenti benefici per i quali è disposto a spendere qualcosa in più investendo sulla sua salute.

Secondo la WHO (World Health Organization) tra i fattori legati alle prime 10 cause di morte vi sono le carenze nutrizionali, proprio nell’epoca dell’abbondanza, l’alimentazione è carente di nutrienti? Un paradosso per i paesi occidentalizzati. Il problema è che mangiamo sempre le stesse cose, variando poco gli alimenti. Nel carrello della spesa ittica finiscono sempre gli stessi pesci, 5-6 specie, che oltretutto spingono i produttori ad intensificare allevamenti con ripercussioni sull’ambiente e sulla biodiversità. Questi dati ci dovrebbero far riflettere sull’importanza di alimentarsi in modo vario e completo.

Già da anni molti studi osservazionali hanno dimostrato che le persone che mangiano pesce sembrano avere un rischio più basso di infarti, ictus e morte per malattie cardiache, benefici dovuti al contenuto di omega-3. Mai nessuno però a rivalutato questi dati paragonandoli con il consumo di pesce trasformato e cotto adeguatamente. Un po’ come i benefici della dieta mediterranea. Gli alimenti “mediterranei” cotti adeguatamente, nel pieno rispetto dei nutrienti, sortirebbero gli stessi effetti osservati da Ancel Keys o addirittura maggiori?

Il pesce essendo costituito da fibre muscolari separate in “fiocchi” quindi più delicate va sempre cotto in modo semplice e rapido, mentre le cotture alle quali si presta la carne sono sempre molto spinte con il rischio di formare sostanze tossiche come il benzopirene. Senza allarmismi, una bistecca al barbecue una volta al mese è concessa, ovviamente “ben cotta” e al sangue!

Non possiamo definire un pesce migliore di un altro senza effettuare delle analisi su campioni specifici e basandoci solo sulla zona di pesca. I pesci sono ottimi viaggiatori ed il mare ricopre il 70% della terra. Pensate ad esempio di analizzare il grasso di una mucca che pascola al sud dell’equatore, svilupperà carni meno grasse rispetto a quelle del nord, cosi come suini allevati allo stato brado che mangiano bacche e semi avranno carni con un maggiore contenuto di grassi insaturi. Allo stesso tempo la mucca al sud si abbevererà di una determinata acqua, respirerà l’aria, ecc. ecc. Ritengo che l’allevamento farà in questo campo la differenza consentendoci di monitorare la qualità dell’acqua dove ha vissuto e del cibo di cui si è nutrito.

In conclusione, secondo alcuni studi, nel pesce cotto la quantità di mercurio bioaccessibile è inferiore del 50-60% rispetto al pesce crudo. La cottura diminuisce anche i bifenili policlorurati e gli inquinanti organici persistenti (POP). D’altra parte Il pesce crudo non contiene contaminanti legati ai processi di cottura, anche se questi sono fattori che dipendono da noi e che possiamo imparare a gestire. La cottura inoltre rende le proteine più facilmente digeribili. Insomma non possiamo astenerci dall’imparare a cuocere adeguatamente il pesce. Perché è meglio evitare le cotture troppo aggressive? Per 3 motivi, in primis perché potremmo deteriorare i nutrienti (le vitamine idrosolubili evaporano con l’acqua, perciò cotture lunghe oltre a rendere le carni stoppacciose riducono il contenuto di vitamine del gruppo B); secondo perché potremmo formare sostanze tossiche: se i grassi vengono sottoposti ad elevate temperature superando il loro punto di fumo si forma l’acroleina, una sostanza tossica per il fegato che può facilmente provocare mal di pancia. (vedremo dopo come cuocere e le temperature).

Infine quando cuociamo pesci oleosi (o qualsiasi altro alimento contenenti grassi insaturi) applicando alte temperature e lunghe cotture rischiamo di idrolizzare i grassi che più diverranno più facilmente ossidabili perdendo la loro azione protettiva. Un pò come utilizzare un olio extravergine vecchio di 2 anni.

di Antonio Galatà