Mare Aperto: un posizionamento incentrato sulla sostenibilità

Un 2020 di svolta per Mare Aperto, che, grazie ad un nuovo posizionamento, mira a creare valore intorno alla marca e ad aumentarne la penetrazione nel mercato italiano all’insegna del tema sostenibile. Tante le azioni intraprese allo scopo: dal rifacimento del logo a significativi investimenti in ambito marketing-comunicazione a sostegno del payoff “buono col mare”, passando per l’innovazione di prodotto a scaffale, dove tutte le referenze hanno un certificato di pesca sostenibile, Friend of the Sea o Msc.

Il nuovo catalogo presenta proposte come la “giusta quantità di olio o acqua minerale”, che permette di preservare il sapore dei prodotti, ma è migliorativa in un’ottica di sostenibilità, praticità e salute. Alcune referenze includono anche l’inserimento di olio extravergine di oliva biologico, come parte dell’impegno del marchio per l’ambiente. Il packaging, poi, si veste con approccio “clean label”, ovvero trasparenza in ogni dettaglio informativo, con cartoncino di tutti i cluster certificato Fsc.

Le linee guida della sostenibilità sono quelle contenute nel programma We Sea: la pesca e l’acquisto responsabile delle materie prime; una politica di massima attenzione alla qualità e alla sicurezza; l’utilizzo di energie rinnovabili e l’impegno concreto verso la protezione dell’ambiente; la responsabilità sociale d’impresa e l’economia circolare.

Si tratta del coronamento di una politica aziendale che già negli anni Sessanta ha posto le basi di un vero e proprio ecosistema che vede oggi l’utilizzo del 100% della materia prima, canalizzando le parti che non servono per le conserve ittiche su altri mercati (dalle lische si trae ad esempio il collagene per la cosmetica). Raggiunto, dunque, il livello Zero Waste per il tonno, mentre è in corso la certificazione Zero Waste per le altre materie prime utilizzate. Inoltre, tramite la capogruppo Jealsa, Mare Aperto dispone di parchi eolici propri (in Spagna e Cile) e partecipati, grazie ai quali ha raggiunto l’obiettivo “carbon neutral” nei siti produttivi.

di Chiara Bertoletti